Riforma della previdenza per la vecchiaia: bocciata a causa di troppi motivi concorrenti
Thomas Milic, Thomas Reiss, Daniel Kübler
9th November 2017
Numerosi sono i motivi che hanno determinato la bocciatura della riforma della previdenza per la vecchiaia. Il motivo prevalente è stato il supplemento di 70 CHF, seguito dall’innalzamento dell’età pensionabile delle donne e dal pacchetto di misure previste. A ben vedere, nessuno di questi motivi, preso singolarmente, sarebbe stato sufficiente per affossare la riforma. Sommati, però, hanno fatto la grande differenza. Questi sono, in sintesi, i risultati che emergono dal sondaggio che ha coinvolto 1511 aventi diritto di voto nel quadro dello studio VOTO sulle votazioni federali del 24 settembre 2017. Lo studio è stato svolto congiuntamente dal Centro per la democrazia di Aarau (ZDA), dal Centro di competenza svizzero in scienze sociali (FORS) e dall’istituto di sondaggio LINK, e finanziato dalla Cancelleria federale.
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La previdenza per la vecchiaia 2020 è fallita principalmente a causa della netta bocciatura da parte dei sostenitori dell’UDC (84% di voti contrari) e, al contempo, dal debole consenso da parte proprio di quei partiti che all’origine avevano promosso l’iniziativa. Il sondaggio indica un 46 per cento di no tra l’elettorato del PPD, e rispettivamente 35 e 36 per cento tra i sostenitori dei Verdi e del PVL. I votanti del PS hanno invece sostenuto a larga maggioranza il proprio consigliere federale (76% di voti favorevoli), ma avrebbero dovuto mostrare una compattezza maggiore per evitare che la riforma venisse respinta.
Sebbene il PLR fosse il partito leader della campagna contro la riforma, solo 6 votanti su 10 del PLR l’hanno infine bocciata: un valore sorprendentemente basso. È inoltre mancato il sostegno da parte del gruppo della sinistra francofona, inferiore a quello della Svizzera tedesca. Ma dato che il blocco di centro su entrambi i lati del «Röstigraben» ha respinto il progetto, questa «divergenza» (rispettivamente 58 e 51%) non è stata determinante.
Le caratteristiche sociali hanno svolto un ruolo secondario nella decisione: la percentuale di uomini che ha bocciato la riforma è stata simile a quella delle donne. Non si è rilevato nemmeno un particolare conflitto generazionale: le differenze tra le varie fasce di età sono infatti minime. Da osservare comunque che il consenso più basso è stato registrato tra i pensionati.
Molti sostenitori della riforma si sono espressi a favore principalmente per evitare un blocco delle riforme e non perché ritenevano che la riforma fosse la soluzione ideale. Inoltre erano convinti che questa riforma fosse il migliore compromesso possibile, date le circostanze. I voti contrari sono invece riconducibili a vari fattori. Nessuno di questi motivi, preso singolarmente, sarebbe stato sufficiente per affossare la riforma. Sommati, però, hanno fatto la differenza. Dato che la maggioranza è stata stretta (52,7%), in linea di principio si può affermare che ognuno di questi motivi è stato determinante per la bocciatura. Ma a un’analisi più approfondita emerge che è stata la somma dei motivi a risultare decisiva. Il motivo più menzionato è stato il supplemento di 70 CHF (19%), seguito dall’innalzamento dell’età pensionabile delle donne (12%), dall’ampiezza del pacchetto di misure («riforma sovraccarica», 11%) e dall’ingiusta ripartizione degli oneri (9%).
L’unica misura del pacchetto incontestata è stata la flessibilizzazione dell’età di pensionamento. I risultati mostrano che il sostegno per gli altri elementi dipende in gran parte dalle misure di compensazione: solo un numero esiguo di intervistati dubita che la riduzione dell’aliquota LPP sia attualmente troppo elevata. Dobbiamo però ricordare che anche nel 2010 la situazione era analoga e la bocciatura del progetto LPP era stata netta. L’innalzamento dell’età pensionabile delle donne ha invece spaccato l’elettorato: la metà degli intervistati ha dichiarato di essere disposta ad accettare l’innalzamento dell’età di riferimento solo quando donne e uomini avranno i medesimi diritti in tutti i settori. L’altra metà invece sostiene un adeguamento dell’età pensionabile di donne e uomini, a prescindere da qualsiasi pretesa.
Il fatto che il 40 per cento di coloro che indicano nella parità dei generi la condizione per un innalzamento dell’età di pensionamento abbia comunque accettato l’iniziativa mostra però che le pretese passano in secondo piano quando il pacchetto complessivo prevede anche determinate misure di compensazione. Occorre inoltre segnalare che gli argomenti più incisivi di entrambi gli schieramenti non prendono di mira singole misure bensì piuttosto il pacchetto complessivo: tra i favorevoli, l’argomento più menzionato è che attuare una riforma è comunque meglio che non attuarne alcuna, mentre tra i contrari primeggia l’argomento della «riforma fittizia». In poche parole: molti punti sono trattabili, ma alla fine conta il pacchetto di misure globale.
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Per delle domande relative allo studio: Dr. Thomas Milic, 079 600 82 36, thomas.milic@zda.uzh.ch
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