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The Best of Both Worlds? Il Consiglio Federale, la Svizzera italiana e la questione femminile

Anja Giudici, Nenad Stojanovic, Sean Mueller
12th July 2017

E ci risiamo: l’Assemblea federale è nuovamente chiamata a colmare una defezione in Consiglio federale. Sarà solo la centodecima volta nella 170enne storia della Svizzera moderna. La scelta non sarà facile. Il nuovo membro di Governo non deve solo essere solo competente e del partito giusto, ma dovrà anche soddisfare diverse aspettative riguardo alla sua appartenenza linguistica, regionale, e al suo genere. Queste aspettative, però, variano.

Deutsche Version

Didier Burkhalter aveva appena annunciato le sue dimissioni, e già iniziavano a circolare tutta una serie di rivendicazioni per 117esimo seggio nell’Esecutivo federale. La Svizzera di lingua italiana andrebbe di nuovo rappresentata nell’esecutivo federale. Senza dubbio dovrebbe essere qualcuno del Partito Liberale Radicale (PLR). Ma anche alla Svizzera orientale, a quella centrale e a quella del nordovest piacerebbe prendere posto al tavolo. E neanche i romandi sembrano disposti a rinunciare a quello che giudicano essere il loro seggio liberale. Inoltre, non sarebbe giunta finalmente l’ora di aumentare il numero di donne in Governo? Ma procediamo con ordine.

La composizione del Consiglio Federale

Sono poche le regole formali che l’Assemblea federale è tenuta a rispettare quando elegge un nuovo membro del Governo – e quelle esistenti sono abbastanza vaghe da consentirle un ampio margine di manovra (Linder & Mueller 2017:273ss.). Dal 1999 la Costituzione federale indica che, “[l]e diverse regioni e le componenti linguistiche del Paese devono essere equamente rappresentate [nel Consiglio federale]” (Art. 175 cpv. 4 Cost.).

In questa sua versione italiana e in quella francese l’articolo prende una formulazione ben più esplicita e vincolante che nella variante tedesca, la quale recita: “Dabei ist darauf Rücksicht zu nehmen, dass die Landesgegenden und Sprachregionen angemessen vertreten sind.” Le prime due si riferiscono quindi esplicitamente alle “componenti linguistiche” (rispettivamente alle “communautés linguistiques” in francese), mentre in quella in lingua tedesca si parla solo di “regioni linguistiche”. Inoltre, se la versione italiana sancisce che le componenti linguistiche “devono essere equamente rappresentate” e quella francese dichiara che esse “doivent être équitablement représentées”, il passaggio corrispondente nella versione tedesca indica solo che nell’elezione al Consiglio federale “bisogna avere riguardo” affinché ci sia una rappresentanza “adeguata” (angemessen) delle varie regioni.

Gli altri criteri che in passato hanno influito sulla nomina dei Consiglieri federali – come l’appartenenza religiosa, di partito o di genere –, non sono invece stati costituzionalizzati. E anche la clausola vincolante che escludeva la presenza contemporanea di più Consiglieri federali dello stesso Cantone è stata abolita nel 1999. Nel frattempo, è già successo due volte che un Cantone fosse doppiamente rappresentato (Zurigo dal 2004 al 2007, Berna dal 2010).

Il turno degli italofoni

Consideriamo dapprima solo i Cantoni e mettiamo in relazione la loro quota di Consiglieri federali dal 1848 con la popolazione svizzera che rappresentano oggi. L’immagine che ne risulta sembra abbastanza equilibrata (Figura 1). I Cantoni più sovra-rappresentati sono Neuchâtel, Vaud e il Ticino. Non a caso si tratta di tre cantoni dei quali la lingua è minoritaria a livello nazionale. Perché?

Figura 1: Quota cantonale Consiglieri federali e popolazione, in %

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Fonti: UFS (2017) & Giudici/Stojanovic (2016)

È la relazione fra federalismo e concordanza che spiega l’importanza della lingua. Nel suo contributo a un nuovo volume sul federalismo svizzero, Nenad Stojanović (2017) ha analizzato fino a che punto alcuni sistemi politici svizzeri (la Confederazione e i quattro Cantoni ufficialmente plurilingui) corrispondono all’ideale della “democrazia consociativa” (Ljphart 2004). Uno dei criteri più importanti per qualificare quest’ultima è l’inclusione delle minoranze in Governo. Stojanović rivela che, mentre alcuni Cantoni hanno provveduto ad assicurare l’inclusione delle minoranze linguistiche negli esecutivi, a livello federale non ci sono provvedimenti di questo tipo. Qui il criterio dell’inclusione viene dunque solo rispettato in maniera informale – e le minoranze sono presenti in Governo solo a intermittenza. Effettivamente sono già passati 18 anni da quando l’ultimo Consigliere federale di lingua madre italiana, Flavio Cotti, ha lasciato la carica. E così, visto che nonostante le dimissioni del neocastellano Burkhalter la Svizzera di lingua francese rimarrebbe rappresentata da due Consiglieri federali e, dato che (quasi) nessuno mette in discussione il diritto del PLR a questo seggio, persino il quotidiano “Blick” si è dichiarato entusiasta all’idea di un nuovo Consigliere federale italofono – così entusiasta da addirittura trasferire la sua redazione federale una settimana in Ticino.

O toccherà aspettare un altro turno?

Oltre alla Svizzera romanda, altri due massi rocciosi alpini possono ancora frapporsi all’ottavo seggio ticinese in Consiglio federale: la Svizzera orientale e la questione del genere. In seguito alla rinuncia della grigionese Eveline Widmer-Schlumpf a ripresentarsi nel 2015, l’est della Svizzera si sente piuttosto ignorato nel contesto federale. La Conferenza intergovernativa della Svizzera orientale ha già pubblicato due dichiarazioni per “sottolineare il diritto a un seggio della Svizzera orientale in Consiglio federale”. È vero, il PLR Svizzero ha dichiarato di essere alla ricerca di una candidatura dalla “Svizzera latina”, ma anche i “romanciofoni” fanno parte Svizzera latina. Quindi, l’elezione di una o di un rappresentante grigionese, permetterebbe pure alla Svizzera orientale di rientrare in Governo.

Infine, anche alla rivendicazione femminile non manca legittimità. Non esistono norme costituzionali riguardanti la rappresentazione dei generi negli organi federali – una proposta in tal senso dell’allora Consigliera agli Stati Christiane Brunner (PS/Ginevra) è stata nettamente rifiutata dal parlamento nel 1998. Nonostante ciò, l’articolo costituzionale sull’uguaglianza fra i generi (art. 8 cpv. 3 Cost.) vale anche per l’ambito della politica. A diretto confronto, la rivendicazione femminile sembra ben più forte di quelle considerate in precedenza, del Ticino e della Svizzera orientale (Figura 2). Inoltre, studi scientifici indicano come la qualità del dibattito politico, e di conseguenza anche delle decisioni prese, migliori se vengono inclusi diversi punti di vista nelle discussioni (cf. Mansbridge 1999). Questo argomento, riferito al caso specifico del genere, è stato recentemente portato avanti proprio dall’attuale cancelliere federale in un’intervista apparsa sul quotidiano Neue Zürcher Zeitung.

Figura 2: Paragone popolazione e quota di Consiglieri federali, sette grandi regioni e donne

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Fonti: UFS (2017) & Giudici/Stojanović (2016)
È richiesta un po’ di creatività!

Non sarebbe però neanche troppo difficile prendere due piccioni con una fava riunendo due delle tre rivendicazioni menzionate. Per far ciò, il 20 settembre, l’Assemblea federale plenaria dovrebbe eleggere una Ticinese. La combinazione avrebbe un che di straordinario; i sette Consiglieri federali che hanno rappresentato il Ticino finora erano tutti uomini. E anche se il PLR fu il primo partito a portare in Governo una donna (Elisabeth Kopp, 1984–89), sono ormai 28 anni che questo partito è rappresentato esclusivamente da figure maschili. Tra l’altro, finora il Grigioni italiano non ha mai avuto un rappresentante in Consiglio federale – e perlomeno una rappresentante. Se si riuscisse quindi a trovare una donna originaria delle Valli Mesolcina, Poschiavo, Bregaglia o Calanca, si accontenterebbe non solo chi parla Italiano in Svizzera e chi è donna, ma anche la Svizzera Orientale, portando un triplice sollievo alla concordanza federale.


Riferimenti

  • Giudici, Anja e Nenad Stojanović (2016). Die Zusammensetzung des Schweizerischen Bundesrates nach Partei, Region, Sprache und Religion, 1848–2015. Swiss Political Science Review 22(2): 288–307.
  • Lijphart, Arend (2004). Constitutional design for divided societies. Journal of Democracy 15(2): 96–109.
  • Linder, Wolf e Sean Mueller (2017). Schweizerische Demokratie: Institutionen, Prozesse und Perspektiven. 4., vollständig überarbeitetet und aktualisierte Auflage, Bern: Haupt Verlag.
  • Mansbridge, Jane (1999). Should blacks represent blacks and women represent women? A contingent “yes”. Journal of Politics 61(3): 628–57.
  • Stojanović, Nenad (2017). La Svizzera, una consociazione linguistica? Le minoranze linguistiche a livello federale e nei Cantoni plurilingui. In: Sean Mueller e Anja Giudici (a cura i). Il federalismo svizzero – Attori, strutture, processi. Locarno: Armando Dadò, 125–58.

Foto: Wikimedia Commons.