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Meglio il sorteggio invece delle elezioni?

Nenad Stojanovic, Redaktion DeFacto
1st September 2023

Le elezioni si avvicinano. Poco meno della metà della popolazione partecipa alle elezioni. Anche il Parlamento sarà composto solo da persone elette da coloro che hanno partecipato alle elezioni.

Signor Stojanovic, lei ha studiato a fondo altre forme di rappresentanza dei cittadini. Ci sarebbero altri modi per far confluire l'opinione della popolazione nel processo politico, oltre alle elezioni come le conosciamo? 

Nenad Stojanović: Certo, la democrazia non si deve limitare alle elezioni. Penso soprattutto al crescente uso di assemblee cittadine in diversi paesi, anche se soprattutto a titolo sperimentale. Un’assemblea cittadina è una forma particolare di partecipazione politica basata su una concezione deliberativa della democrazia. I suoi membri sono selezionati a caso, tramite sorteggio, e rappresentano quindi il microcosmo della società. I partecipanti si informano su un argomento politico, scambiano opinioni e discutono insieme di soluzioni possibili. Le discussioni all’interno dell’assemblea cittadina seguono il cosiddetto approccio “deliberativo”: si tratta di esaminare attentamente le posizioni pro e contro e di soppesare insieme tutti gli argomenti prima di arrivare a una decisione o a una raccomandazione comune.

Quali sono i vantaggi e gli svantaggi dell’approccio deliberativo?

I membri di un’assemblea cittadina solitamente non vengono con un’opinione prestabilita e, anche quando ce l’hanno, accettano di cambiarla se vedono che non è sostenuta da argomenti solidi o da fatti comprovati. Spesso, anche se non sempre, le decisioni si prendono in maniera consensuale. In un parlamento, invece, un deputato o una deputata raramente cambia opinione in seguito a quanto ha sentito da colleghi e colleghe di altri partiti. Ma anche se, dentro di sé, cambia opinione, al momento del voto è spesso obbligato/a a seguire la “disciplina di partito”, oppure – peggio – le raccomandazioni di voto che provengono dai lobbisti che gli hanno finanziato la campagna elettorale e che minacciano di non sostenerlo più alla successiva tornata elettorale se si permette di votare di testa sua. Chi, invece, diventa membro di un’assemblea cittadina perché selezionato a caso è più libero perché non deve nulla a questa o quella lobby. Ciò detto, l’organizzazione di un’assemblea cittadina potrebbe comportare anche qualche svantaggio. Se organizzata su iniziativa delle autorità politiche il forum rischia di diventare un esercizio alibi. Questo è in parte successo con la Convention citoyenne pour le climat, in Francia, voluta dal presidente Emmanuel Macron per placare le proteste dei gilets jaunes.

C’è chi dice che il sorteggio non è un metodo democratico, perché solo tramite le elezioni possiamo decidere da chi vogliamo essere rappresentati. Cosa risponde?

Non è così. Anche il sorteggio è democratico, anche se diversamente democratico rispetto alle elezioni. Mi spiego: l’elezione, in teoria, dovrebbe permettere a ogni membro della comunità politica di esprimere, tramite il proprio voto e il principio “una persona = un voto”, la sua preferenza circa i partiti o le persone che andranno a formare il parlamento. L’idea di fondo è che chi ci governa debba godere di una legittimità che viene dal basso, che debba “rappresentare” le preferenze espresse dalle cittadine e i cittadini. Quindi in teoria è un metodo basato sull’idea di eguaglianza.  In realtà, il processo elettorale comporta tutta una serie di diseguaglianze: le persone straniere e minorenni non hanno il diritto di voto, chi è più povero votano meno spesso rispetto a chi è più abbiente, i/le candidati/e con più risorse finanziarie a disposizione o un cognome locale hanno più chance di essere eletti rispetto a chi queste risorse non ce le ha o che ha un cognome straniero, e così via. Quindi abbiamo sì un parlamento che in un certo senso “rappresenta” la volontà degli elettori e delle elettrici. Ma quando diciamo che il parlamento non è “rappresentativo” della popolazione – perché, per esempio, vediamo che ci sono poche donne – vuol dire che abbiamo in mente un altro concetto di rappresentanza ma anche un’altra idea di cosa vuol dire “eguaglianza” in una democrazia. L’uso del sorteggio è radicalmente egualitario perché garantisce a ogni membro della comunità politica esattamente la stessa possibilità di essere selezionato e porta a un’assemblea che è lo specchio della società. Quindi, in questo senso è più rappresentativo rispetto a un parlamento eletto. Ecco perché dico che il sorteggio è diversamente democratico rispetto alle elezioni.

Invece di indire elezioni, dovremmo allora decidere a sorte chi ci deve rappresentare?

Nessuno, o quasi, della comunità scientifica che lavora sulle innovazioni democratiche propone che il sorteggio debba sostituire le elezioni. Entrambi gli strumenti hanno la loro ragione d’essere perché entrambi sono democratici, anche se diversamente democratici. Ideale sarebbe quindi che il sorteggio sia usato come un complemento e un arricchimento, sempre più necessario, di un sistema democratico basato solo sulle elezioni e, talvolta,  sui referendum. Allo stesso tempo penso che non dobbiamo limitarci all’uso puramente ad hoc, sperimentale, delle assemblee cittadine. A medio e lungo termine occorre pensare alla loro istituzionalizzazione, affinché diventino un organo permanente all’interno di un sistema che si vuole democratico, come per esempio il Bürgerrat che dal 2019 esiste nella comunità germanofona del Belgio. Diversi modelli di istituzionalizzazione sono possibili – proprio in questi giorni è stata lanciata l’idea di creare una terza camera del parlamento federale i cui membri sarebbero sorteggiati e non eletti – ma di questo potremmo parlare in una prossima occasione.


Nenad Stojanović
Nenad Stojanović è professore di scienze politiche all'Università di Ginevra e ricercatore associato presso il Centro studi sulla democrazia di Aarau. Le sue aree di specializzazione includono la teoria politica, la politica comparata, il sistema politico svizzero, le minoranze linguistiche, i cantoni multilingue e la democrazia diretta.